Se la cronaca locale su internet è una delle frontiere del giornalismo online, l'iperlocale è la frontiera della frontiera. La sfida è realizzare pubblicazioni dedicate a comunità di piccolissime dimensioni. Trovare un equilibrio tra costi e ricavi, per il momento, è decisamente complicato.
E' di questi giorni la notizia della chiusura di InJersey.com, un network di siti iperlocali di proprietà della Gannett e dedicati a località del New Jersey. L'editore di Usa Today e di molte altre testate statunitensi ha deciso di abbandonare questo esperimento, lanciato nel 2009 e gradualmente esteso a 18 località. In un momento di difficoltà economica, le spese necessarie erano troppo elevate se confrontate con i risultati altalenanti ottenuti: alcune pagine cittadine superavano i 60mila visitatori unici al mese, ma alcune potevano contare su un pubblico di poche migliaia di utenti.
A raccontare la vicenda è il Poynter Institute. I problemi principali incontrati da InJersey.com si possono ricondurre sostanzialmente a tre categorie: modello di lavoro dei giornalisti, coinvolgimento della comunità, ristrettezza del mercato pubblicitario.
MODELLO DI LAVORO DEI GIORNALISTI
Ogni sito veniva curato da un giornalista, che poteva avere l'incarico di seguire le pagine web di più di una località. Questi professionisti dell'informazione avevano però anche il compito di scrivere per delle testate cartacee del gruppo. L'impegno era talmente pesante che, alla fine, alcuni hanno iniziato a mettere il web in secondo piano e a pubblicare su internet gli stessi articoli che andavano in edicola. Non tutti inoltre vivevano nella località che dovevano seguire e quindi incontravano più difficoltà nello svolgere il proprio compito.
COINVOLGIMENTO DELLA COMUNITA'
Alla nascita del progetto, l'obiettivo era arrivare ad un equilibrio tra i contenuti realizzati dal giornalista e quelli postati sul sito dai cittadini: la soglia da raggiungere era il 50% di contenuti forniti dal pubblico. InJersey.com non è però riuscito a ritagliarsi il ruolo previsto nella vita delle proprie comunità di riferimento e non è stato capace di promuovere una così ampia partecipazione. L'apertura agli user generated content ha fornito risultati piuttosto deludenti: nonostante gli sforzi dello staff, i contenuti degli utenti sono arrivati solo al 10% del totale.
RISTRETTEZZA DEL MERCATO PUBBLICITARIO
Per raccogliere inserzioni, InJersey.com si affidava allo staff dei giornali cartacei del gruppo editoriale. Non aveva, insomma, personale dedicato e questo potrebbe aver ridotto la capacità di vendere i propri spazi pubblicitari in un mercato di dimensioni di per sé limitate. Gli scarsi risultati raggiunti in termini di numero di visitatori non hanno certo aiutato e alla fine i proventi dai banner si sono rivelati più bassi di quanto auspicato.
Dopo due anni di attività, il progetto iperlocale della Gannett va dunque in archivio. L'esperienza di InJersey.com mostra quanto sia difficile, anche negli Stati Uniti, avere successo occupandosi di territori di dimensioni molto piccole. I problemi incontrati sono tutti legati tra loro, ma l'impressione è che a determinare l'insuccesso sia stata soprattutto l'incapacità di coinvolgere la comunità: una maggiore partecipazione del pubblico avrebbe sicuramente migliorato le statistiche e di conseguenza probabilmente avrebbe avuto un effetto positivo anche sulla motivazione dei giornalisti e sull'interesse degli inserzionisti pubblicitari.
Non si può sopravvivere a livello iperlocale se non si è davvero parte del territorio che si racconta.
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